Pietro Luigi Matta
Avvocato e docente di diritto amministrativo, componente del Comitato Scientifico dell’Associazione FuturLab
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La semplificazione amministrativa, e cioè snellimento dell’attività amministrativa e riduzione dei compiti incombenti sui cittadini (esibizione di certificati, autenticazioni di firme, ecc.) costituisce una delle tematiche centrali delle riforme amministrative dell’ultimo decennio.
L’esigenza di semplificare l’attività amministrativa deriva nell’ambito del dibattito politico-ideologico dalla necessità di rispettare i vincoli di bilancio e dalla opportunità di delineare nuovi indirizzi verso una pubblica amministrazione che rispetti – ad esempio per ciò che concerne i tempi di definizione dei procedimenti amministrativi – le linee di indirizzo in materia dell’apparato burocratico degli altri Stati Europei.
Semplificare l’attività amministrativa significa quindi una pubblica amministrazione che costi meno alla collettività, sia in termini di stanziamenti di bilancio che in termini di costi complessivi (comprensivi delle ore-lavoro che l’acquisizione di inutili certificati o le code davanti agli uffici sottraggono ad ogni cittadino) e soprattutto che lavori meglio (problema del rallentamento delle procedure relative alle pratiche che i cittadini o imprese presentano alla P.A).
In termini più generali, la semplificazione amministrativa costituisce poi uno dei mezzi per raggiungere due dei principi generali dell’attività amministrativa individuati dall’art. 1 della l. 241/90 e ss.mm.ii. e costituiti dall’economicità (intesa come minor dispendio possibile di risorse economiche) e dall’efficacia (intesa come rapporto tra il risultato che ci si prefiggeva di raggiungere ed il risultato effettivamente raggiunto dall’azione amministrativa); semplificare è quindi il mezzo migliore per ottenere una pubblica amministrazione che consumi minori risorse e che raggiunga gli obiettivi prefissi ( problema della certezza dei tempi procedimentali e dei passaggi burocratici in merito all’esame della pratica). In alcuni casi le fasi procedimentali sono aumentate senza che vi sia la consapevolezza preventiva da parte dell’interessato, cioè nel momento in cui viene introitato un atto, un ricorso etc. il soggetto privato/ pubblico non ha la certezza del numero delle fasi procedimentali e ne viene a conoscenza solo a mano a mano che la procedura va avanti.
La semplificazione amministrativa per risultare efficace deve affrontare, sia pure con modalità di approccio diverse, l’intero apparato amministrativo; particolare importanza hanno soprattutto gli interventi sul versante del procedimento amministrativo e sul versante dei rapporti tra p.a. e cittadino.
L’esigenza di semplificare l’azione amministrativa si delinea, quindi, come un elemento caratterizzante la produzione normativa del nostro legislatore. Conformemente al dettato costituzionale, che impone l’adozione di schemi organizzativi improntati da un lato al buon andamento e dall’altro alla stretta osservanza del principio di legalità, si è tentato di elaborare strumenti procedurali rispondenti a tali principi.
Ne è derivata una tendenza a non considerare la fonte normativa primaria quale unica in grado di disciplinare i vari aspetti dell’apparato e dell’attività amministrativa, per rinviare alla potestà regolamentare il compito di normare in materia.
Il fenomeno ha assunto rilievo soprattutto in relazione alle cc.dd. leggi provvedimento, con cui ci si occupava di questioni che mal si attagliavano con i caratteri di generalità ed astrattezza propri della norma di legge.
Un primo vero tentativo di delegificazione è rinvenibile nella l. 23 agosto 1988, n. 400, di disciplina dell’attività di Governo e dell’ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri con la quale si è attuato un notevole potenziamento nell’utilizzo dello strumento regolamentare, nelle sue varie manifestazioni.
Il meccanismo previsto in tale normativa (art. 17, comma 2) richiede l’individuazione delle norme regolatrici della materia da parte della legge delegificante.
Inoltre, la stessa disposizione prevede che la legge di delegificazione determini l’abrogazione delle norme vigenti a far data dall’entrata in vigore del regolamento.
L’esigenza permanente” di semplificazione nasce da due fattori: il primo, comune ad altri ordinamenti, quale riflesso della pluralità e della natura degli interessi sull’organizzazione e sullo svolgimento dell’azione amministrativa, è costituito dal rapporto tra gli interessi con i moduli orizzontali e consensuali; il secondo, tipico dell’ordinamento italiano, è l’altissimo tasso di dispersione delle funzioni, dovuto ad una loro irrazionale stratificazione nel tempo.
Una analisi esaustiva degli istituti di semplificazione rinvenibili nella normativa di settore appare dispersiva oltre che eccessivamente compilativa e quindi sembra preferibile concentrare l’attenzione sugli interventi di semplificazione procedimentale, sulle attività che concernono lo svolgimento del procedimento, ed in particolare di natura istruttoria e decisoria ma anche degli istituti che tendono a sostituire il procedimento – quali le certificazioni ambientali – e sulle altre forme di semplificazione più incisive quali il silenzio-assenso e quelle che si basano sul modello della dichiarazione d’inizio attività.
La legge 7 agosto 2015, n. 124 ha certamente riformato svariati aspetti tra cui alcune disposizioni relative all’amministrazione in senso soggettivo e oggettivo del patrimonio culturale, comprensivo dei beni culturali e di quelli paesaggistici. Si tratta dell’art. 2, comma 1, lett. g) e n), in tema di conferenza di servizi, e dell’art. 3 che ha introdotto nella legge 7 agosto 1990, n. 241, l’art. 17-bis (a venire in rilievo è il relativo comma 3), in tema di silenzio-assenso procedimentale. E’ mutata la disciplina della conferenza di servizi prevista dal richiamato art. 2; in termini non tecnici la P.A. è stata oggetto di un restyling di natura non propriamente operativa, ma che si avvale dello schema della delegazione legislativa.
Con riferimento in particolare al Mibact rilevano le lettere g) e n) del comma 1, secondo cui rispettivamente “la previsione che si consideri comunque acquisito l’assenso delle amministrazioni, ivi comprese quelle preposte alla tutela della salute, del patrimonio storico-artistico e dell’ambiente che, entro l termine dei lavori della conferenza, non si siano espresse nelle forme di legge” e la “definizione, nel rispetto dei princìpi di ragionevolezza, economicità e leale collaborazione, di meccanismi e termini per la valutazione tecnica e per la necessaria composizione degli interessi pubblici nei casi in cui la legge preveda la partecipazione al procedimento delle amministrazioni preposte alla tutela dell’ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico-artistico, della salute o della pubblica incolumità, in modo da pervenire in ogni caso alla conclusione del procedimento entro i termini previsti”.
Si riafferma la regola di cui all’art. 14-ter, comma 7, della legge 241/1990, del silenzio assenso di natura endoprocedimentale nel caso di amministrazioni atte alla cura di interessi c.d. “sensibili”. Come sottolineato in dottrina ed in giurisprudenza ( ……. ) in tema di silenzio assenso, la lett. g) richiama l’amministrazione preposta alla t utela del patrimonio storico-artistico, ma non quella che si occupa della tutela del paesaggio, offrendo pertanto una previsione normativa di senso contrario rispetto a quanto previsto oggi dall’art. 14-ter, comma 7.
Una novità di rilievo è la possibilità di “chiedere all’amministrazione procedente di assumere determinazioni in via di autotutela ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, purché abbiano partecipato alla conferenza di servizi o si siano espresse nei termini” ( lett. m) del comma 1).
Si tenga presente inoltre che dalla delegificazione dev’essere distinta la deregolamentazione (c.d. “deregulation”). Con la prima non si ha una modifica in ordine alla sfera di distribuzione del potere, ciò che, invece, si realizza con la seconda, caratterizzata dalla dismissione (o liberalizzazione) d’alcune attività o settori d’attività, che passano dall’ambito pubblico a quello privato, con conseguente limitazione dell’intervento pubblicistico ai soli poteri di regolazione.
Il Consiglio di Stato spesso si è espresso a favore di un’individuazione delle norme di legge abrogate da parte del regolamento, nella predisposizione del quale è possibile delineare le norme primarie da delegificare.
Al riguardo, sono stati sollevati dubbi circa la compatibilità di tale di tale previsione con il sistema delle fonti normative vigente nel nostro ordinamento. In realtà, la forza delegificata attribuita al regolamento deriva dalla legge delegificante, nella misura in cui la potestà regolamentare è esercitata nell’ambito dell’oggetto della delegificazione.
L’ampia applicazione dell’istituto derivante dall’applicazione di tale normativa ha avuto il merito di contribuire ad una progressiva accelerazione dell’azione amministrativa, non più cristallizzata entro gli inadatti schemi legislativi, difficilmente modificabili in tempi rapidi e, quindi, non in grado di far fronte alle mutevoli esigenze della collettività.
Quella parte della dottrina fautrice dell’introduzione nel nostro ordinamento di un utilizzo sempre più diffuso dello strumento regolamentare, ha salutato con favore questa evoluzione normativa, ma l’ha considerata solo l’inizio di un processo delegificativo che avrebbe dovuto assumere ben più ampie dimensioni. Si è giunti persino a chiedere una modifica del dettato costituzionale in tal senso, volto cioè ad introdurre il principio della c.d. riserva di regolamento in relazione all’organizzazione ed allo svolgimento dell’attività amministrativa. L’abbandono della riserva di legge era visto come un momento essenziale per una presa di posizione forte del nostro legislatore verso un problema, quello della semplificazione amministrativa, ritenuto sempre più attuale.
E ciò si ricollega anche alla mutata disciplina dello Sportello unico attività produttive. Lo Sportello Unico per le Attività Produttive (SUAP) rappresenta lo strumento esclusivamente telematico voluto dal legislatore per assumere il ruolo di unico interlocutore tra l’Impresa e la Pubblica Amministrazione nelle sue varie articolazioni. Il DPR 160/10 lo definisce come: “unico punto di accesso per il richiedente in relazione a tutte le vicende amministrative riguardanti la sua attività produttiva in grado di fornire una risposta unica e tempestiva in luogo di tutte le pubbliche amministrazioni comunque coinvolte nel procedimento” (art. 1). Il suddetto DPR 160/10 conferisce ai Comuni la facoltà di:
- conferire formale delega alla Camera di Commercio territorialmente competente per la gestione del SUAP attraverso il portale impresainungiorno.gov.it (cd. Comuni deleganti);
- accreditarsi presso il Mi.SE per la gestione di un proprio SUAP autonomo (cd. Comuni accreditati);
- convenzionarsi con la Camera di Commercio territorialmente competente pur mantenendo l’accreditamento iniziale (Comuni convenzionati). Anche in questo caso, il SUAP del Comune è gestito attraverso il portale impresainungiorno.gov.it. Gli utenti dei Comuni che non si sono ancora accreditati presso il MiSE, né hanno formalmente delegato la Camera di Commercio a gestire il SUAP (i cd. Comuni silenti), possono presentare le proprie istanze presso gli sportelli del Comune di riferimento. Impresainungiorno.gov.it è, quindi, il portale di riferimento attraverso il quale il cittadino di un Comune delegante o convenzionato può avviare ogni procedimento relativo all’attività d’impresa.
I comuni potrebbero avvalersi della professionalità e dei servizi che rendono gli sportelli unici delle Camere di Commercio, che al proprio interno hanno le professionalità e gli strumenti per potere svolgere questo compito. Forte della mission che il legislatore ha conferito rispetto al supporto da fornire agli interessi generali delle imprese, la Camera di Commercio ha realizzato un impianto a tutto tondo in grado di fornire soluzioni utili ai soggetti rappresentati.
Al fine di sostenere gli interessi generali delle imprese, e per non incidere sulla finanza locale, in alcuni casi ad esempio la Giunta della Camera di Commercio di Roma ha assunto la decisione di fornire gratuitamente ai Comuni e ai loro utenti il servizio di consultazione e di utilizzo del portale impresainungiorno.gov.it.
Con tale intervento, l’Ente Camerale prosegue nel percorso a sostegno dell’innovazione tecnologica quale strumento prioritario per il miglioramento dell’iniziativa economica privata nella provincia. Con l’attivazione dello Sportello Unico delle Attività Produttive (SUAP), si è costituito l’unico punto di contatto tra i soggetti economici locali e la Pubblica Amministrazione. Il sito web di riferimento è www.impresainungiorno.gov.it, la specifica applicazione informatica fornita dal sistema camerale per l’espletamento delle relative procedure.